La fibromialgia è una condizione cronica e debilitante che coinvolge il sistema nervoso centrale. La sintomatologia include dolori diffusi (che coinvolgono muscoli, tendini e legamenti), stanchezza e una serie di altri sintomi collaterali. Tendenzialmente il paziente accusa un’alterata percezione del dolore, ma le cause della fibromialgia sono ancora misteriose.
Non si tratta di una patologia facile da diagnosticare, in quanto i disturbi da essa causati sono comuni ad altre malattie. Riconoscere i segnali iniziali è fondamentale per poter intervenire tempestivamente. In questo articolo, esploreremo i sintomi precoci della fibromialgia e i fattori che possono contribuire allo sviluppo di questa sindrome.
Fibromialgia sintomi iniziali, come si manifesta la malattia?
Alla mattina ti svegli stanco? Hai dolore ovunque? Ti affatichi per minimi sforzi? Soffri di gastrite e/o colite e hai spesso mal di testa e vertigini? Potresti essere affetto da fibromialgia. Il termine deriva da “fibro” che indica i tessuti fibrosi come tendini e legamenti, e “mialgia” che significa dolore muscolare. Dunque, la fibromialgia (FM) è una malattia reumatica che colpisce i muscoli causando un aumento di tensione muscolare.
Come già anticipato, i sintomi iniziali della fibromialgia spesso vengono confusi con altri disturbi e per questo si tratta di sintomi insidiosi, anche perché sono molteplici e di diversa natura.
Quello più caratterizzante ed evidente è sicuramente il dolore: può iniziare come un fastidio leggero, ma con il tempo si diffonde in tutto il corpo, colpendo principalmente collo, spalle, schiena e gambe. Questa sensazione di dolore è accompagnata tendenzialmente da stanchezza cronica che non migliora neanche dopo il riposo notturno.
Oltre al dolore e alla stanchezza, molti pazienti con fibromialgia lamentano rigidità muscolare, in particolare al mattino, e una sensazione di gonfiore alle articolazioni, pur in assenza di infiammazioni visibili. Disturbi del sonno, mal di testa, vertigini e problemi gastrointestinali come colite e gastrite sono altre manifestazioni comuni.
Sintomi come acufeni (ronzii nelle orecchie), formicolii o intorpidimento degli arti, tachicardia, ansia e depressione completano il quadro di una malattia che può compromettere seriamente la qualità della vita. La difficoltà nel riconoscere questi segnali spesso ritarda la diagnosi di fibromialgia, ma è importante prestare attenzione a questi segnali per agire in modo tempestivo.
Principali cause e fattori di rischio della sindrome fibromialgica
Le esatte cause della fibromialgia non sono ancora del tutto chiare, ma numerosi studi hanno documentato l’esistenza di un fattore comune: l’alterazione dei neurotrasmettitori a livello del sistema nervoso centrale. I neurotrasmettitori sono molecole fondamentali per la comunicazione tra le cellule nervose e se disregolati, provocano una risposta esagerata agli stimoli dolorosi, anche in assenza di un’evidente lesione dei tessuti. La FM può quindi essere considerata una patologia della comunicazione intercellulare: immaginando il nostro organismo come un computer, tutte le periferiche sono integre ma i dati, una volta raccolti e inviati a livello centrale, vengono interpretati in modo errato.
Si tratta comunque di una patologia a genesi multifattoriale, sono molteplici gli elementi che la scatenano:
- la genetica (predisposizione familiare, mutazioni genetiche);
- fattori ormonali;
- anomalie nei neurotrasmettitori, come alterazione dei livelli di serotonina, dopamina e noradrenalina.
Un fattore di rischio significativo è lo stress cronico, che può innescare o aggravare la fibromialgia. Anche infezioni come la mononucleosi infettiva, il morbo di Lyme, la SIBO (contaminazione batterica del tenue) possono scatenare la sindrome, così come eventi traumatici fisici o psicologici.
Sesso ed età anche possono rivelarsi un fattore di rischio; infatti, la sindrome fibromialgica colpisce prevalentemente le donne, con una frequenza maggiore tra i 30 e i 50 anni, anche se può manifestarsi in qualsiasi fase della vita. Inoltre, le persone che soffrono di altre malattie reumatiche, come l’artrite reumatoide, sono più predisposte a sviluppare la fibromialgia.
In sintesi, l’ipotesi attuale è che la fibromialgia sia il risultato di una combinazione di fattori genetici, ambientali e biologici che influiscono sulla sensibilità del corpo agli stimoli dolorosi.
Sintomi iniziali della fibromialgia: dolore muscolare, affaticamento e disturbo del sonno
Il dolore tipico della Fibromialgia è un dolore che interessa principalmente i muscoli e le articolazioni ed è un dolore diffuso. A differenza dei dolori muscolari comuni che hanno tendenzialmente delle cause specifiche, il dolore fibromialgico può insorgere senza una causa evidente. Generalmente, inoltre, è caratterizzato da rigidità muscolare, soprattutto al mattino o dopo lunghi periodi di inattività: i pazienti che ne soffrono affermano di sentire il corpo come se fosse teso o bloccato e descrivono il dolore che accompagna questa rigidità come profondo, penetrante, pulsante o bruciante.
L’astenia (affaticamento) è un altro segnale precoce di fibromialgia, che accompagna il dolore muscolare. Non si tratta della semplice stanchezza che segue uno sforzo fisico/psicologico, ma di una sensazione di esaurimento costante di energia, che neanche il riposo riesce a rigenerare. Molte persone non riescono a sentirsi riposate: si svegliano già stanche, come se non avessero dormito, e trovano difficile svolgere anche le attività quotidiane più semplici, come cucinare, fare la spesa o annaffiare le piante.
Un altro aspetto critico della fibromialgia, che si affianca all’astenia, è il disturbo del sonno. Un paziente fibromialgico spesso fatica ad addormentarsi e sperimenta un sonno frammentato e poco riposante. La sensazione di dolore disturba il riposo notturno: i pazienti infatti tendono a passare dal sonno profondo al sonno più leggero, in quanto la loro attività celebrale è simile a quella che si verifica quando sono svegli (questa anomalia è chiamata dagli studiosi anomalia alfa-delta). La mancanza di sonno rigenerante peggiora l’affaticamento e aumenta la percezione del dolore, creando un ciclo negativo che aggrava i sintomi.
Oltre a questi tre segnali principali, altri sintomi possono comparire fin dall’inizio:
- mal di testa ricorrenti (cefalea ed emicrania);
- difficoltà di concentrazione;
- disturbi gastrointestinali (come sindrome del colon irritabile);
- problemi di equilibrio;
- depressione o ansia;
- formicolii, intorpidementi, sindrome delle gambe pesanti.
Caratteristiche del dolore della fibromialgia
Il dolore tipico della Fibromialgia, come detto in precedenza, è un dolore cronico ed è definito “diffuso”, ciò significa che è presente su entrambi i lati del corpo, distribuito in maniera simmetrica rispetto al punto vita. Coinvolge muscoli, tendini e legamenti senza una causa fisica apparente e chi lo sperimenta afferma che esso si manifesta come una sensazione di bruciore, tensione o rigidità.
La sua intensità può variare nel corso della giornata ed è influenzato da altri fattori circostanziali. Esso infatti, peggiora dopo attività fisiche o momenti di stress, ma è costante e non scompare mai del tutto. Inoltre, può variare da paziente a paziente, ma in tutti presenta le seguenti caratteristiche:
- iperalgesia: dolore molto amplificato a uno stimolo doloroso, più intenso del normale; chi ne soffre, reagisce in modo eccessivo a un dolore che generalmente non è così grande;
- allodinia: sensazione di dolore anche se gli stimoli sono innocui, come una leggera pressione o un tocco, causati da attività quotidiane come vestirsi, sedersi, pettinarsi.
Inoltre, il dolore della fibromialgia tende a peggiorare in risposta a fattori esterni, come lo stress, il freddo o l’umidità. Alcuni pazienti notano anche un aumento del dolore durante gli sbalzi ormonali, come nel periodo premestruale.
Il dolore fibromialgico non è legato a infiammazioni o lesioni fisiche, il che può rendere difficile ottenere una diagnosi corretta. Questa caratteristica, unita alla diffusione simmetrica del dolore e all’iperalgesia e allodinia, distingue la fibromialgia da altre patologie che coinvolgono il sistema muscoloscheletrico.
Tender Points: quali sono i punti sensibili della fibromialgia
Uno dei criteri tradizionali per la diagnosi della fibromialgia è la presenza di punti sensibili, noti come “Tender Points“, cioè zone del corpo particolarmente sensibili al dolore quando vengono premute con una forza leggera. Per lungo tempo sono stati considerati fondamentali nella diagnosi della fibromialgia: la diagnosi era confermata se almeno 11 di questi 18 tender points provocavano dolore quando veniva applicata un leggera pressione. Tuttavia, negli ultimi anni, l’importanza dei Tender Points è diminuita in quanto non tutti i pazienti presentano lo stesso numero di punti dolorosi, e la malattia può comunque essere presente anche in assenza di un numero sufficiente di Tender Points.
I Tender Points si trovano nei seguenti punti:
- occipite: alla base del cranio, dove il cranio incontra il collo;
- trapezio: nel muscolo trapezio, sopra le spalle;
- sternocleidomastoideo: nella parte anteriore del collo, ai lati del muscolo sternocleidomastoideo;
- scapola: all’angolo superiore della scapola;
- sottoscapolare: sotto la scapola, nella parte posteriore;
- braccio: nel muscolo deltoide, sulla parte superiore del braccio;
- epicondilo laterale: sull’epicondilo del gomito, sul lato esterno;
- gluteo: nella parte superiore del gluteo, dove i muscoli incontrano il bacino;
- grande trocantere: all’esterno dell’anca, sul grande trocantere del femore;
- ginocchio: sul lato interno del ginocchio;
- rene: nella parte bassa della schiena, sui lati della colonna vertebrale;
- cervicale: nella parte superiore della schiena, tra le scapole;
- costole: nei muscoli tra le costole, nel torace;
- fianchi: nella parte laterale dei fianchi, sopra la zona pelvica;
- collo della coscia: dove la coscia incontra il bacino, alla parte anteriore;
- nuca: nella parte posteriore del collo, vicino alla colonna vertebrale;
- sternocostale: all’incrocio delle costole con lo sterno;
- punto centrale del torace: al centro del torace, sulla linea mediana.
I Tender Points possono variare in sensibilità nel tempo, e la loro localizzazione può cambiare, il che rende difficile per i medici basarsi esclusivamente su questo criterio. Tuttavia, essi rimangono un indicatore utile, soprattutto quando vengono riscontrati in combinazione con altri sintomi tipici della fibromialgia, come il dolore cronico diffuso e l’affaticamento.
Quali sono gli esami per diagnosticare la fibromialgia?
Una diagnosi di fibromialgia è complessa, perché non esiste un test specifico per rilevare la malattia. Il medico svolgerà una diagnosi di esclusione, ossia arriva a confermarla solo tramite l’eliminazione di altre patologie con sintomi simili, come l’artrite reumatoide, la sclerosi multipla o la sindrome da stanchezza cronica.
Il medico inizialmente svolgerà un’anamnesi completa, dove andrà a valutare la durata e la natura del dolore, insieme alla presenza di altri sintomi come la stanchezza cronica, i disturbi del sonno e la rigidità muscolare. Durante la visita, verrà eseguito un esame fisico per verificare la presenza di dolore in punti specifici, come i Tender Points. Anche se l’importanza di questi punti è diminuita, essi possono comunque fornire indicazioni utili per la diagnosi.
Altri esami utili che può prescrivere il medico sono quelli del sangue e delle urine per escludere altre condizioni che possono causare sintomi simili, come malattie infiammatorie o autoimmuni. Test come il dosaggio degli anticorpi antinucleo, il fattore reumatoide o la velocità di eritrosedimentazione aiutano a escludere malattie come il lupus o l’artrite reumatoide.
Inoltre lo specialista può servirsi di questionari specifici e scale di valutazione del dolore per valutare l’impatto dei sintomi sulla qualità della vita del paziente, come ad esempio l’indice di severità dei sintomi (SSI) e la scala del dolore generalizzato (WPI).
In alcuni casi, può essere utile eseguire test del sonno per valutare eventuali disturbi del riposo, che spesso si presentano in pazienti con fibromialgia.
Qual è la cura per la fibromialgia? Primi sintomi, quando intervenire?
Attualmente, non esiste una cura definitiva per la fibromialgia, ma diversi trattamenti possono aiutare a migliorare la vita dei pazienti alleviando i sintomi tipici come dolore muscolare diffuso, stanchezza cronica, rigidità di muscoli, disturbi del sonno e difficoltà di concentrazione.
Sebbene siano tutti sintomi che non per forza indicano di essere affetti da fibromialgia, è importante intervenire quando questi iniziano ad interferire realmente con la qualità della vita e quando si è in presenza di un dolore che presenta le caratteristiche descritte nel dettaglio nei paragrafi precedenti.
Rivolgersi a un medico permette di ricevere una diagnosi corretta e iniziare un trattamento che utilizza generalmente un approccio multidisciplinare che coinvolge farmaci, terapie fisiche, tecniche di gestione dello stress e integratori alimentari.
Il trattamento farmacologico include:
- farmaci miorilassanti, analgesici e antidepressivi: aiutano a regolare i livelli di serotonina e noradrenalina nel cervello, migliorando l’umore e riducendo la percezione del dolore;
- farmaci antiepilettici: utilizzati per trattare il dolore neuropatico associato alla fibromialgia, modulando la risposta del sistema nervoso agli stimoli dolorosi.
Tra le terapie non farmacologiche vengono utilizzate le seguenti:
- la fisioterapia;
- l’attività fisica moderata, come lo yoga, il nuoto o il pilates;
- le tecniche di rilassamento, come la meditazione e la terapia cognitivo-comportamentale.
Inoltre, seguire una dieta equilibrata e riposare adeguatamente è cruciale per ridurre l’affaticamento. Ad integrazione di una dieta sana, un attivo naturale che può supportare il trattamento, agendo sulla riduzione del dolore è la PEA, (PalmitoilEtanolAmide). Si tratta di una molecola neuro protettrice simil-endocannabinoide, che agisce su diversi bersagli molecolari del sistema nervoso centrale e periferico, esplicando un’attività antinfiammatoria, analgesica e immunomodulatrice. È una molecola lipidica, normalmente prodotta dal nostro organismo in piccole quantità, in grado di stimolare l’attività inibitoria dei recettori endocannabinoidi con conseguente riduzione della sintomatologia dolorosa1.
In particolare recenti studi2 hanno documentato un’importante scoperta nell’ambito dell’integrazione naturale specialistica (“nutraceutica”), che risolve le criticità di assorbimento legate alla natura lipofila della PEA, che ne limita l’impiego per via orale.
Nello specifico, l’azione combinata di PEA con Equisetum Arvense L. ha dimostrato essere una valida proposta nel determinare un significativo miglioramento dell’assorbimento intestinale della PEA e di conseguenza della sua biodisponibilità, cioè della quantità di molecola in circolo disponibile per i siti di azione.
Questa scoperta potrebbe essere un approccio terapeutico nuovo e innovativo nella gestione del dolore con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita dei pazienti.
Fonti:
- Darmani et al. 2005 Involvement of the cannabimimetic compound, N-palmitoyl-ethanolamine, in inflammatory and neuropathic conditions: review of the available pre-clinical data, and first human studies.
- Ruga et al. 2023. Novel Approach to the Treatment of Neuropathic Pain Using a Combination with Palmitoylethanolamide and Equisetum arvense L. in an In Vitro Study